Per dispositivi di protezione individuale, DPI, ci si riferisce a tutte quelle attrezzature o strumentazioni destinate a essere indossate o comunque portare appresso dal lavoratore al fine di proteggerlo dai rischi che le mansioni svolte dalla sua attività comportano, concetto del resto molto bene espresso dalla normativa sulla sicurezza sul lavoro, il D. Lgs. 81/08, che all’art. 74 comma 1, riporta: qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo.
Lo stesso decreto, però, specifica nel successivo articolo, il n° 75, come essi abbiano carattere residuale.
In sostanza i DPI vanno usati solo se nel luogo di lavoro non sia possibile adottare misure per la salute e sicurezza più robuste ed efficaci nell’abbassare il grado del rischio assegnato alla mansione stessa.
L’adozione dei DPI è quindi subordinata alla preventiva valutazione dei rischi e all’accertata impossibilità di adottare misure congrue, è poi obbligo del datore di lavoro scegliere quelli da lui ritenuti più opportuni e adatti alla tutela e salute dei suoi collaboratori, oltre che per se stesso naturalmente.
Un dispositivo di protezione individuale non può essere carente su alcune delle seguenti caratteristiche strutturali: comfort, ergonomia, innocuità e solidità, e tutti devono rispondere perfettamente agli stress test e rientrare negli standard previsti dalla normativa europea in fatto di collaudo delle strumentazioni da lavoro.
In Italia questo controllo di conformità alla legislazione europea è in carico al Ministero del Lavoro a quello dello Sviluppo Economico che operano con i rispettivi organi ispettivi.
Anche l’etichettatura relativa a tali dispositivi deve essere completa e non può mancare di queste informazioni:
A corredo di quanto sopra descritto, tutti i DPI devono essere accompagnati dalla nota informativa d’uso, la quale è a sua volta normata per i contenuti dalla direttiva 89/686/CEE recepita in Italia nel 1992 con il D. Lgs. 475 e successive modifiche del D. Lgs. 10/97, nelle nota, fra le altre cose, devono essere presenti le istruzioni per il deposito dello strumento, quelle relative al modo d’uso, alla pulizia e manutenzione dello stesso, nonché la data di scadenza.
I DPI sono suddivisi in tre grandi categorie, di prima, seconda o terza:
Prima Categoria:
Sono quei dispositivi pensati per proteggere i lavoratori che volgano mansioni dal rischio minimo, tant’è che è facoltà del lavoratore stesso definire il livello di protezione necessario dal rischio stesso, un tipico esempio può riguardare la scelta di guanti da lavoro piuttosto che da giardinaggio od occhiali da sole.
Le attrezzature assegnate a questa categoria devono essere corredate di una semplice dichiarazione di conformità da parte del produttore e siglate con una marcatura CE.
Seconda Categoria
Fanno parte di questa categoria tutti quei dispositivi di protezione individuale che, banalmente, non appartengono né alla prima né alla terza categoria.
Per tale categoria è previsto che fabbricante sottoponga a verifica, all’Organismo Notificato, una copia conforme all’originale del DPI prodotto, sarà quindi l’Organismo Notificato a rilasciare un attestato di certificazione CE con il quale, a sua volta, il produttore marchierà lo strumento e completerà la dotazione con la relativa nota informativa d’uso.
Terza Categoria
I DPI appartenenti a questa categoria sono anche noti come salvavita, infatti sono quegli strumenti atti a proteggere da rischi mortali, dove per essi si intende anche le conseguenze sul lungo termine che un’esposizione a tali pericoli può avere, come per esempio l’esposizione all’amianto, che di per sé, nella giornata lavorativa, non porta ad alcun problema ma sul lungo termine ha avuto e ha conseguenze nefaste.
Fra tali dispositivi rientrano tutti pensati e costruiti per proteggere le vie respiratorie (FFPP 1, 2 o 3) e quelli anticaduta, per tali strumenti il produttore oltre a dover far sì che il dispositivo superi la verifica di cui alla seconda categoria deve anche adottare un sistema di controllo qualità che certifichi e consenta un monitoring del prodotto stesso, quindi nella marcature dello strumento, accanto alla sigla CE, sarà presente il codice identificativo del sistema qualità stesso, per esempio: CE 0075.
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